Per emergenza Covid19 niente ricevimento di nozze. Può il locale trattenere la caparra?

Per l'emergenza coronavirus salta il nostro matrimonio. La location ci dice che non ci restituisce la caparra e per lo spostamento del matrimonio all'anno prossimo ci faranno pagare per 10 invitati in più. È lecito?

Diritto del Consumatore (28/03/2020)
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Autore:
Avvocato Fabrizio Tronca
Eredità e Successioni, Immobili, Famiglia
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Risposta:

Primariamente sarebbe necessario conoscere dell'esistenza di un contratto tra i futuri sposi e i titolari del locale.

L'esame di un accordo scritto consentirebbe di valutare in quale perimetro si muovano le obbligazioni delle parti e se siano previste cause di risoluzione.

In secondo luogo, è da valutare la natura della caparra versata (e anche in tale operazione aiuterebbe prendere visione di un contratto) per il ricevimento di nozze: la funzione che tale anticipo assolve può essere quella di mero acconto, o ancora per testimoniare la serietà delle intenzioni o, non da ultimo quale prezzo fissato a priori per il risarcimento in caso di inadempimento di una delle parti (come potrebbe essere il caso della coppia di sposi che non mantiene l'impegno).

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Precisato quanto sopra, non può che osservarsi come l'attuale emergenza sia un evento imponderabile e straordinario e come la mancata esecuzione dell'accordo non sia imputabile a nessuna delle parti (e certamente non a Voi futuri sposi).

L'oggetto del contratto è il pagamento di un prezzo verso la disponibilità dei locali e delle strutture per svolgere il ricevimento.

In tale schema si inserisce l'evento coronavirus, che ha preteso la pubblicaizone dei Decreti Ministeriali che hanno impedito sia la circolazione delle persone, sia l'attività ludica e in ogni caso l'assembramento delle persone.

Emerge evidente come l'oggetto al momento sia impossibile; ciò è a dire che per un evento esterno, viene meno la possibilità della (o delle) prestazione. 

La norma che interessa per la nostra fattispecie è l'art. 1256 del Codice Civile: "L'obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile". In tale ottica, verrebbe meno il la possibilità dei titolari della location di prestarVi i locali e quindi verrebbe meno la loro obbligazione e, per riflesso, la Vostra. Sul punto pertanto sarebbe da pretendere la restituzione della caparra (che sia acconto o che sia misura predeterminata di un eventuale risarcimento).

Certo è che l'impedimento oggettivo dovuto all'emergenza Covid19 potrebbe essere "solo" temporaneo, come auspichiamo tutti.

Tuttavia, se la sospensione (o il decorso temporale) è tale da far perdere al creditore (Voi) l'interesse alla prestazione, ancora una volta l'obbligazione si estingue.

La norma citata, infatti, prosegue: "Se l'impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell'adempimento. Tuttavia l'obbligazione si estingue se l'impossibilità perdura fino a quando, in relazione al titolo dell'obbligazione o alla natura dell'oggetto, il debitore non può più essere ritenuto obbligato a eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha più interesse a conseguirla."

In sintesi, gli eventi impediscono ai titolari del locale di offrire la prestazione (non per loro colpa) e parimenti impediscono a Voi di goderne.

Viene quindi meno l'obbligazione per le parti e si può ritenere estinto il contratto, sì da poter richiedere la restituzione della caparra.

Del tutto campata per aria, poi, la condizione posta di pagare 10 coperti in più, per il rinvio del ricevimento di un anno: la pretesa non ha nessun fondamento giuridico ed è solo una mossa, alquanto scorretta, per lucrare.

Siamo a disposizione per un intervento formale verso la controparte contrattuale per le soluzioni sopra illustrate.

Avvocato Fabrizio Tronca 

 

 

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