Mancato pagamento del mutuo e convivenza: che succede?
Il mutuo, a norma dell’art. 1813 C.C. è il contratto con il quale una parte consegna all’altra una determinata quantità di denaro, o di altre cose fungibili, e l’altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa specie e qualità.
Generalmente, per l’acquisto della propria abitazione, viene concesso dalla Banca, un mutuo ipotecario, contratto siglato da un notaio, il quale ha un ruolo di garante e deposita il documento firmato alla Conservatoria Immobiliare affinché venga iscritta l’ipoteca.
A norma dell’art. art. 40 c.2 del Testo unico bancario: “La banca può invocare come causa di risoluzione del contratto il ritardato pagamento quando lo stesso si sia verificato almeno sette volte, anche non consecutive. A tal fine costituisce ritardato pagamento quello effettuato tra il trentesimo e il centoottantesimo giorno dalla scadenza della rata”.
Questo vuol dire che se la rata del mutuo risulta non pagata per oltre 180 giorni, cioè per più di 6 mesi, anche non consecutivi, l’Istituto di credito potrà risolvere il contratto con il cliente inadempiente, pretendere il pagamento immediato di quanto dovuto ed esercitare di diritto l’ipoteca sulla casa posta a garanzia, attivando una procedura di espropriazione immobiliare, pignorando il bene oggetto di ipoteca e mettendolo all’asta.
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Per i motivi suesposti, pertanto, qualora, Ella dovesse decidere di non onorare il debito con la Banca, anche solo per la quota a Lei spettante, la Banca, valutata la gravità dell’inadempimento, avrebbe titolo per le azioni come sopra descritte.
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Nel diverso caso in cui, invece, la Sua compagna provvedesse a effettuare il bonifico sul conto cointestato per l’intera somma e non solo per quella alla stessa spettante, come da accordi tra voi intercorsi, alcun problema sorgerebbe con la Banca.
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E’ bene significarLe, però, che, qualora dovessero insorgere controversie con la stessa, potrebbe verificarsi la situazione che Le andrò a esaminare.
Da quanto esposto, Lei e la Sua compagna siete comproprietari di un immobile, per la quota di 1/3 Lei e per 2/3 la Sua convivente.
Qualora nascesse, per qualsiasi motivo, la necessità di sciogliere la comproprietà sull’immobile, le strade da intraprendere sarebbero due:
- la via consensuale, decidendo, quindi, per la vendita della propria quota all’altro o viceversa, o in via alternativa, la vendita dell’intero bene a terzi;
- la via giudiziale: con apposito giudizio, previo esperimento di un tentativo obbligatorio di mediazione, per la valutazione, da parte di un CTU, nominato da un Giudice, della divisibilità dell’immobile stesso, nonché del valore commerciale, per un’eventuale vendita, o concordata, o all’asta.
In caso di vendita dell’intero immobile a terzi, previa soddisfazione del credito della banca, il ricavato sarebbe suddiviso secondo le quote a ciascuno spettante.
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Devo, però, renderLe noto che, nonostante il nostro ordinamento giuridico sia favorevole nel considerare le obbligazioni tra i conviventi more uxorio, come obbligazioni naturali, e, quindi, non ripetibili, è prevista a norma dell’art. 2041 del C.C. una specifica azione, cosiddetta di ingiustificato arricchimento, che stabilisce: “chi, senza una giusta causa, si è arricchito a danno di un’altra persona è tenuto, nei limiti dell’arricchimento a indennizzare quest’ultima della correlativa diminuzione patrimoniale”.
Questo vuol dire che la Sua compagna, qualora dimostrasse che i suoi versamenti, anche della Sua quota, non fossero stati volti a soddisfare esigenze familiari concrete e avessero superato i limiti di proporzionalità e adeguatezza, avrebbe titolo per richiederLe la restituzione di quanto dalla stessa versato.
Avvocato Federica Cilotti