Unioni civili: riconoscimento del figlio avuto mediante procreazione medicalmente assistita.

Una recente sentenza della Cassazione (Cass. civ., sez. I, sent. 22.042020, n. 8029) (1) ha mantenuto acceso il dibattito circa la genitorialità all’interno dell’unione civile e il riconoscimento della responsabilità genitoriale in capo a due donne unite civilmente.

Le coppie same sex non possono - per mancanza di complementarietà biologica - generare figli tra loro e si pone da tempo una riflessione sulla relazione tra gli strumenti scientifici per concepire un figlio all’interno di una unione civile e le conseguenze giuridiche.

La Cassazione ha quinti trattato il caso di un bambino nato mediante procreazione medicalmente assistita eterologa da una componente una coppia unita civilmente e della richiesta dell’altra partner di riconoscere il minore, introdotta solo per aver prestato il consenso alla procedura di fecondazione.

Il caso offre degli spunti rilevanti e in particolare:

  • Quale diritto per la procreazione medicalmente assistita (ovvero PMA) di tipo eterologo: è lecita?
  • Il figlio avuto da una delle due donne componenti l’unione civile mediante la PMA eterologa, può essere riconosciuto dall’altra che non abbia conferito alcun apporto biologico al concepimento e quindi riconosciuto?
  • In che termini ha effetti e conseguenze giuridiche la volontà (quindi l’intenzione di riconoscere il minore) dell’unita civilmente, che biologicamente non abbia contribuito alla creazione?

Indice

1. Il riconoscimento di un figlio nelle coppie eterosessuali: effetti e modalità.

2. La pronuncia della Cassazione sulla procreazione medicalmente assistita eterologa nell’unione civile tra due donne.

3. La posizione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) sulla procreazione nelle coppie omosessuali.

4. Conclusioni: la sanzione amministrativa inflitta alla donna che abbia proceduto alla procreazione medicalmente assistita eterologa.

 

1. Il riconoscimento di un figlio nelle coppie eterosessuali: effetti e modalità.

Il riconoscimento del figlio ha rilevanza giuridica, poiché mediante l’atto i genitori assumono il dovere di mantenerlo, educarlo, istruirlo e assisterlo moralmente “nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni”. Il riconoscimento assegna al figlio il diritto di “crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti”. (2)

L’effetto del riconoscimento è pertanto la costituzione in capo ai genitori della responsabilità genitoriale (a suo tempo definita patria potestà e successivamente potestà genitoriale).

Il riconoscimento del figlio avuto dalle coppie eterosessuali è disciplinato sia per il caso di nascita da una coppia sposata, sia da due genitori non sposati.

Quanto al bambino nato in costanza di matrimonio, vale quanto disposto dall’art. 269, 3° comma c.c. (“La maternità è dimostrata provando la identità di colui che si pretende essere figlio e di colui che fu partorito dalla donna, la quale si assume essere madre”) e dall’art. 231 c.c. (“Il marito è padre del figlio concepito o nato durante il matrimonio”).

Quanto al bambino nato da una coppia eterosessuale non sposata, può essere riconosciuto dalla madre e dal padre, contestualmente ovvero in momenti distinti. (3)

Alle coppie eterosessuali che concepiscano un figlio è quindi accordato il diritto, con o senza matrimonio, di riconoscerlo e di assumersi la responsabilità genitoriale.

2. La pronuncia della Cassazione sulla procreazione medicalmente assistita eterologa.

La Corte di Cassazione, con il provvedimento che esaminiamo, risponde alla domanda che segue: all’interno di una coppia di donne unite civilmente, la partner che non abbia partorito, può essere considerata genitore e quindi riconoscere il figlio nato per effetto della fecondazione assistita eterologa?

La risposta – ad oggi - è negativa.

L’elemento dirimente, secondo i Giudici, è la totale mancanza di legame biologico tra la pretesa madre ed il neonato, che rende giuridicamente irrilevante la sola volontà di essere genitore.

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La decisione nasce da un ricorso del Ministero dell’Interno e del Prefetto contro la sentenza della Corte d’Appello di Firenze che confermava Tribunale di Pistoia.

I Giudici toscani comandavano la rettifica dell’atto di nascita del neonato, dopo il rifiuto posto dall’anagrafe, ordinando di qualificarlo come figlio delle due donne e disponendo l’indicazione dei cognomi di entrambe le madri.

La Corte di Appello di Firenze aveva quindi riconosciuto lo status di madre per entrambe le unite civilmente, dichiarando la possibilità del riconoscimento del figlio non solo da parte della madre biologica, ma anche della compagna di questa che, anche in assenza di ogni contributo biologico alla procreazione, avesse partecipato al progetto di assunzione della responsabilità genitoriale, esprimendo il proprio consenso alla procreazione medica assistita. (4)

In concreto, i Giudici di Pistoia e Firenze riconoscevano come la volontà di essere genitore, e quindi l’adesione ad un progetto familiare, fosse quell’elemento capace di rendere genitore il soggetto senza alcuna relazione biologica con il minore.

Questa lettura è stata respinta dalla Cassazione, che ha escluso lo status di genitore per il componente la coppia che non abbia prestato alcun contributo biologico.

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La Corte di Cassazione ha individuato negli art. 4 e 5 della L. n. 40/2004 il primo motivo per escludere la possibilità per l’unita civilmente di riconoscere il minore. (5)

Le due norme vietano rispettivamente “il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo” e, in ogni caso, riconoscono la possibilità di accedere alla sola procreazione medicalmente assistita alle “coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi”.

La Corte Costituzionale ha mitigato la portata tranchant del primo divieto, ossia quello posto alla procreazione assistita eterologa.

La Cassazione ha, infatti, ritenuto possibile la procreazione assistita eterologa per le “coppie alle quali sia stata diagnostica una patologia causa di sterilità o di infertilità assolute ed irreversibili ed alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili” (6), mantenendo tuttavia fermo il principio che a tali tecniche potessero accedere le coppie maggiorenni di sesso diverso.

L’apertura della Corte Costituzionale, avvenuta ben prima della sentenza che esaminiamo, al riconoscimento della procreazione medica assistita eterologa, ha fatto sì che alcuni dei nostri giudici ritenessero di poter estendere ipotesi di genitorialità svincolate da un rapporto biologico con il nato anche alle coppie same sex (o omosessuali).

Sarebbe, quindi, il caso della partner dell’unita civilmente che ha partorito a seguito di PMA eterologa e si è “limitata” a prestare il consenso e quindi la volontà di essere genitore.

Non è così.

È stata, infatti, la stessa Corte Costituzionale a chiarire appena nel 2019 i limiti dei suoi precedenti interventi (7): è stata esclusa senza alcun dubbio per le coppie omosessuali la possibilità di utilizzare la fecondazione eterologa.

In concreto la Corte Costituzionale ha affermato come la PMA eterologa sia un rimedio o strumento utilizzabile in via residuale, in caso di “sterilità o infertilità umana avente una causa patologica e non altrimenti rimuovibile” e con l'”intento di garantire che il nucleo familiare scaturente dalla loro applicazione riproduca il modello della famiglia caratterizzata dalla presenza di una madre e di un padre”.

È evidente come l’impossibilità a procreare per una coppia omosessuale non sia una causa patologica, ovvero sterilità o all’infertilità, ma piuttosto una mancanza di “complementarietà biologica” naturale, rispetto alla quale non è previsto il rimedio della PMA eterologa.

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È quindi escluso che l’unita civilmente alla partner che abbia partorito a seguito di PMA eterologa, possa riconoscere il minore.

La Corte d’Appello di Firenze ed il Tribunale di Pistoia hanno quindi interpretato in maniera troppo estensiva gli orientamenti della Corte Costituzionale, che riconoscevano, per taluni casi, la legittimità della fecondazione anche al tipo eterologo.

La PMA eterologa continua pertanto ad essere riservata alle coppie eterosessuali che per patologie esistenti non possano procreare, poiché la Corte di Cassazione spiega come i limiti imposti dalla L. 40 del 2004 (applicazione della stessa per le sole coppie maggiorenni e di sesso diverso) permangono validi ed attuali.

Le considerazioni sin qui svolte portano pertanto ad affermare, insieme alla Cassazione, che il pur importante, significativo e doveroso riconoscimento culturale e sociale della capacità delle coppie omosessuali di accogliere, crescere ed educare figli, “non implica infatti lo sganciamento della filiazione dal dato biologico”.

La stessa Legge Cirinnà (L. 76 del 2016) che ha fondato le unioni civili, in tema di filiazione delle coppie omosessuali, fa riferimento alla disciplina dell’adozione (8) e non allo strumento della procreazione medica assistita.

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3. La posizione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) sulla procreazione nelle coppie omosessuali.

  • La libertà di apprezzamento delle legislazioni nazionali.

Merita di essere evidenziato, considerata la sua rilevanza in tema di famiglia, decisamente impattante sui diritti della persona, che la decisione pubblicata dalla Corte di Cassazione rientra anche nei parametri e nei valori del diritto europeo.

La Corte Europea dei Diritto dell’Uomo (Corte EDU o CEDU), confermando il diritto alla vita familiare e il diritto al rispetto della decisione di diventare genitore e del modo di diventarlo delle coppie omosessuali (9) esclude la natura discriminatoria della legge nazionale, che definisca la procreazione medicalmente assistita solo come strumento di natura terapeutiche per le sole coppie eterosessuali sterili (10).

Per la Corte Europea in materia di procreazione gli Stati hanno un ampio margine di apprezzamento, per quei temi rispetto ai quali, attualmente, non si riscontra un generale consenso. (11)

  • L’interesse del minore

Come si concilia l’interesse del minore rispetto alle decisioni sopra descritte dei nostri Giudici?

È giusto “privare” il minore di un genitore, che vorrebbe assumersi le responsabilità di questo ruolo?

Sempre per la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo negare il riconoscimento al partner del genitore biologico, non comporta una violazione della vita familiare del bambino.

Secondo i Giudici europei è garantita al minore una “esistenza paragonabile a quella delle altre famiglie (12), poiché non è messo in discussione il rapporto di filiazione tra il figlio ed il genitore che abbia con lui un legame biologico, ma “solamente” il rapporto con l’adulto che abbia contribuito “limitandosi” a manifestare l’intenzione di esserne il genitore.

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4. Conclusioni: la sanzione amministrativa inflitta alla donna che abbia proceduto alla procreazione medicalmente assistita eterologa.

Il nostro sistema di diritto ad oggi intende premiare - nel riconoscimento del ruolo genitoriale nelle coppie same sex- il vincolo biologico tra adulto e minore.

Come abbiamo visto nel caso esaminato, non è giuridicamente rilevante che il genitore biologico abbia un legame formale con il partner che si sia “limitato” a prestare il proprio consenso alla fecondazione e quindi al parto.

L’aspetto biologico prevale sulla volontà di essere parte giuridica di un nucleo familiare e quindi priva di ogni effetto la manifestazione della partner non partoriente.

Questa posizione è quindi convalidata sia dalla Corte Costituzionale, che dal diritto europeo.

La Cassazione ha perciò ritenuto legittimo, non solo comminare la sanzione amministrativa alla coppia, per aver violato la norma che consente solo alle coppie eterosessuali di accedere alla procreazione medicalmente assistita (eterologa), ma anche il rifiuto opposto dall’anagrafe di modificare il cognome del minore e di riconoscerlo come figlio di entrambe le unite (13).

avvocato Fabrizio Tronca

11 maggio 2020

 

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Note

(1) Sentenza conforme Cass. civ., sez. I, 3/ aprile 2020, n. 7668

(2) art. 315 bis Codice Civile “Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.

Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti.

Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano”. 

Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa.

(3) art. 250 c.c. “Il figlio nato fuori del matrimonio può essere riconosciuto, nei modi previsti dall'articolo 254, dalla madre e dal padre, anche se già uniti in matrimonio  con altra persona all'epoca del concepimento. Il riconoscimento può avvenire tanto congiuntamente quanto separatamente.

Il riconoscimento del figlio che ha compiuto i quattordici anni non produce effetto senza il suo assenso.

Il riconoscimento del figlio che non ha compiuto i quattordici anni non può avvenire senza il consenso dell'altro genitore che abbia già effettuato il riconoscimento 

Il consenso non può essere rifiutato se risponde all'interesse del figlio. Il genitore che vuole riconoscere il figlio, qualora il consenso dell'altro genitore sia rifiutato, ricorre al giudice competente, che fissa un termine per la notifica del ricorso all'altro genitore. Se non viene proposta opposizione entro trenta giorni dalla notifica, il giudice decide con sentenza che tiene luogo del consenso mancante; se viene proposta opposizione, il giudice, assunta ogni opportuna informazione, dispone l'audizione del figlio minore che abbia compiuto i dodici anni, o anche di età inferiore, ove capace di discernimento, e assume eventuali provvedimenti provvisori e urgenti al fine di instaurare la relazione, salvo che l'opposizione non sia palesemente fondata. Con la sentenza che tiene luogo del consenso mancante, il giudice assume i provvedimenti opportuni in relazione all'affidamento e al mantenimento del minore ai sensi dell'articolo 315-bis e al suo cognome ai sensi dell'articolo 262.

Il riconoscimento non può essere fatto dai genitori che non abbiano compiuto il sedicesimo anno di età, salvo che il giudice li autorizzi, valutate le circostanze e avuto riguardo all'interesse del figlio.

(4) art. 8 L. n. 40/2004

I nati a seguito dell'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di figli nati nel matrimonio o di figli riconosciuti della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche medesime ai sensi dell'articolo 6 [16] .

(5) art. 4 L. n. 40/2004

Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito solo quando sia accertata l'impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione ed è comunque circoscritto ai casi di sterilità o di infertilità inspiegate documentate da atto medico nonchè ai casi di sterilità o di infertilità da causa accertata e certificata da atto medico.

Le tecniche di procreazione medicalmente assistita sono applicate in base ai seguenti princìpi:
a) gradualità, al fine di evitare il ricorso ad interventi aventi un grado di invasività tecnico e psicologico più gravoso per i destinatari, ispirandosi al principio della minore invasività; b) consenso informato, da realizzare ai sensi dell'articolo 6.

È vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo.

art. 5 L. n. 40/2004

Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 4, comma 1, possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi.

art. 8 L. n. 40/2004

I nati a seguito dell'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di figli nati nel matrimonio o di figli riconosciuti della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche medesime ai sensi dell'articolo 6 .

art. 12 L. n. 40/2004

Chiunque a qualsiasi titolo utilizza a fini procreativi gameti di soggetti estranei alla coppia richiedente, in violazione di quanto previsto dall'articolo 4, comma 3, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300.000 a 600.000 euro.

Chiunque a qualsiasi titolo, in violazione dell'articolo 5, applica tecniche di procreazione medicalmente assistita a coppie i cui componenti non siano entrambi viventi o uno dei cui componenti sia minorenne ovvero che siano composte da soggetti dello stesso sesso o non coniugati o non conviventi è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 200.000 a 400.000 euro.

(6) Sent. Corte Costituzionale nn. 162/2014 e 96/2015

(7) Sent. Corte Costituzionale n. 221/2019

(8) L. 76/2016 art. 1 comma 20 “Resta fermo quanto  previsto  e  consentito  in materia di adozione dalle norme vigenti”.

(9) Corte EDU, 16/01/2018, Nedescu c. Romania; 27/08/2015, Parrillo c. Italia; 28/08/2012, Costa e Pavan c. Italia

(10) Corte EDU, sent. 15/03/2012, Gas e Dubois c. Francia.

(11) Cass. civ. Sez. Unite 08.05.2019, n. 12193 “Sul riconoscimento giuridico del rapporto di filiazione tra il minore nato all'estero mediante il ricorso alla maternità surrogata ed il genitore intenzionale, la Corte EDU ha da tempo affermato che gli Stati godono di un ampio margine di apprezzamento sia ai fini della decisione di autorizzare o meno la predetta pratica che con riguardo alla determinazione degli effetti da ricollegarvi sul piano giuridico, dando atto che è in gioco un aspetto essenziale dell'identità degli individui, ma rilevando che in ordine a tali questioni non vi è consenso a livello internazionale, e ritenendo comunque legittime le finalità di tutela del minore e della gestante, perseguite attraverso l'imposizione del divieto di surrogazione di maternità”.

(12) Corte EDU, sent. 26/06/2014, Mennesson e Labassee c. Francia

(13) L'esclusione dell'ammissibilità del riconoscimento consente poi di ritenere legittimo il rifiuto opposto dall'ufficiale di stato civile alla ricezione della dichiarazione di riconoscimento del minore come figlio naturale delle due donne, o comunque come figlio naturale della donna che si è limitata a prestare il proprio consenso alla fecondazione eterologa, trovando tale provvedimento giustificazione nel disposto del D.P.R. n. 396 del 2000, art. 42, che, subordinando il riconoscimento alla dimostrazione dell'insussistenza di motivi ostativi legalmente previsti, consente di escluderne l'operatività nella ipotesi in cui, come nella specie, la costituzione del rapporto di filiazione trovi ostacolo nella disciplina legale della procreazione medicalmente assistita.

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