Dichiarazione di convivenza di fatto tra cittadina italiana e cittadino straniero non titolare di permesso di soggiorno.

Residenza comune. Un elemento per poter dichiarare la convivenza.

 Con l’introduzione della Legge Cirinnà del 2016 (1) l’Italia ha riconosciuto diritti e doveri anche alle coppie non sposate, che dichiarino la propria convivenza di fatto all’anagrafe.

Con la dichiarazione di costituzione di convivenza di fatto, infatti, due persone adulte eterosessuali o omosessuali maturano determinati, reciproci diritti e doveri. (2)

Il presupposto per poter formalizzare la dichiarazione veniva considerata una convivenza già in atto.

L’elemento in comune tra i conviventi dichiaranti doveva quindi essere la residenza, per entrambi collocata nella stessa abitazione (principio della residenza comune).

Tale condizione comportava naturalmente che solo i cittadini italiani e quelli stranieri titolari di regolare permesso di soggiorno ed iscritti all’anagrafe italiana, potessero già condurre una convivenza regolare e quindi dichiararla e formalizzarla.

Quale diritto allora per quelle coppie, pur legate da un significativo e stabile legame affettivo, ma non già residenti anagraficamente in Italia?

È il caso, ad esempio, della cittadina italiana che abbia una relazione sentimentale con un cittadino straniero, in origine residente all’estero e senza permesso di soggiorno in Italia.

In che modo una coppia con un componente straniero non residente in Italia, avrebbe potuto formalizzare il proprio rapporto e costituire e dichiarare la propria convivenza in Italia e quindi maturare gli stessi diritti, civili e patrimoniali, di una coppia italiana, o straniera e residente in Italia con permesso di soggiorno?

La recente svolta dei Tribunali: convivenza anche tra cittadina/o italiana/o e cittadino straniero senza permesso di soggiorno.

I Tribunali italiani di recente hanno esteso l’applicabilità del regime di convivenza di fatto anche alle coppie formate da un cittadino italiano ed un cittadino straniero non ancora titolare di un permesso di soggiorno e quindi non ancora residente in Italia.

Di recente, il Tribunale di Bologna (3) ed il Tribunale di Modena (4) hanno affermato che “Lo straniero ha diritto all’ingresso in Italia e al ricongiungimento con il partner italiano, se intrattiene con questi una stabile relazione, non registrata, ma debitamente attestata da documentazione ufficiale.”

I giudici hanno quindi riconosciuto il carattere di ufficialità alla dichiarazione di convivenza di fatto ed al contratto di convivenza, quindi legittimando l’iscrizione anagrafica del partner straniero privo di autonomo titolo di soggiorno ai fini dell’unità familiare.

Rispetto all’assetto sino a poco tempo fa in vigore, pertanto, che pretendeva l’attualità della residenza in Italia del cittadino straniero, per formalizzare la convivenza, prevale una nuova interpretazione dei seguenti requisiti:

  • una stabile relazione
  • attestata da documentazione

Per stabile relazione si intende quindi un rapporto duraturo e pregresso.

Quanto all’attestata documentazione, non più è richiesto un corrente permesso di soggiorno del cittadino straniero, ma la svolta è rappresentata dalla idoneità della dichiarazione di convivenza di fatto e dal contratto di convivenza certificato da un legale o da un notaio, a dimostrare la sussistenza della stabile relazione.

Tali atti, specie il contratto di convivenza redatto al cospetto di un avvocato, sono quindi interpretati come attestazione di una convivenza degna di tutela giuridica.

La spiegazione del nuovo orientamento dei Tribunali.

La nuova lettura data dai nostri giudici è fondata sull’interpretazione meno restrittiva e certamente più fedele rispetto ai principi che l’hanno ispirata, della normativa europea.

L’art. 3 D.Lgs. 30/2007, che recepiva i dettami della direttiva   2004/38/CE, già riconosceva, infatti, un “diritto all’agevolazione dell’ingresso e del soggiorno anche al partner con cui il cittadino dell'Unione [e italiano] abbia una relazione stabile debitamente attestata con documentazione ufficiale”.

Sebbene le direttive europee riconoscessero quale ‘familiare’ meritevole di tutela del diritto alla coesione, anche il partner che avesse una stabile relazione non registrata, l’ordinamento italiano – di fatto – pretendeva che l’esibizione documentale consistesse nel certificare la comune residenza con il convivente italiano.

Naturalmente tale condizione era oggettivamente impossibile per lo straniero senza permesso di soggiorno.

Solo lo straniero titolare del permesso di soggiorno italiano poteva e può, infatti, iscriversi all’anagrafe italiana e dichiarare la convivenza.

Per le amministrazioni locali è, infatti, esclusa l’iscrizione anagrafica dello straniero privo di autonomo titolo di soggiorno. (5)

La pretesa dell’iscrizione all’anagrafe (e del necessario presupposto della titolarità del permesso di soggiorno) non trova e non trovava tuttavia giustificazione nei principi espressi dalla direttiva europea 38/2004, che apertamente tende ad agevolare la riunione per le coppie che abbiano un rapporto e non cita espressamente la necessità di un titolo di soggiorno e/o di una previa residenza dichiarata.

La lettura assunta recentemente dai nostri Tribunali recepisce principi espressi già due anni or sono dalla Cassazione, circa la valutazione e la certificazione di un rapporto di convivenza.

La Cassazione Civile (6), infatti, spiegava: “Si ha convivenza more uxorio, […] qualora due persone siano legate da un legame affettivo stabile e duraturo, in virtù del quale abbiano spontaneamente e volontariamente assunto reciproci impegni di assistenza morale e materiale: ai fini dell'accertamento della configurabilità della convivenza more uxorio, i requisiti della gravità, della precisione e della concordanza degli elementi presuntivi, richiesti dalla legge, devono essere ricavati in relazione al complesso degli indizi (quali, a titolo meramente esemplificativo, un progetto di vita comune, l'esistenza di un conto corrente comune, la compartecipazione di ciascuno dei conviventi alle spese familiari, la prestazione di reciproca assistenza, la coabitazione), i quali devono essere valutati non atomisticamente ma nel loro insieme e l'uno per mezzo degli altri.”

Ecco pertanto come venga superata l’esigenza della formalità del permesso di soggiorno e la seguente iscrizione all’anagrafe e fissazione di residenza comune, per comprovare l’esistenza di un rapporto affettivo stabile e duraturo, il cui giudizio deve vertere su altri elementi (progetto di vita comune, reciproca assistenza, tra gli altri), che ben possono essere dichiarati, e provati, da un contratto di convivenza validato da un legale.

****

La documentazione ufficiale che possa debitamente attestare la relazione stabile non sarà più necessariamente un preesistente permesso di soggiorno regolare del cittadino straniero e l’iscrizione all’anagrafe italiana, ma piuttosto sarà sufficiente il contratto di convivenza.

Autore: Avvocato Fabrizio Tronca

25  marzo 2020

_________________________

Note 

(1)

L. n. 76 del 2016

(2)

hanno gli stessi diritti spettanti al coniuge nei casi previsti dall'ordinamento penitenziario (art. 1 comma 38);

in caso di malattia e di ricovero, i conviventi di fatto hanno diritto reciproco di visita, di assistenza, nonché di accesso alle informazioni personali, secondo le regole di organizzazione delle strutture ospedaliere o di assistenza pubbliche, private o convenzionate, previste per coniugi e i familiari (art.1 comma 39);

ciascun convivente di fatto può designare l’altro quale suo rappresentante con poteri pieni o limitati in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere, per le decisioni in materia di salute oppure, in caso di morte, per quanto riguarda la donazione degli organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie (art. 1 commi 40 e 41);

diritti inerenti alla casa di abitazione (art. 1 commi da 42 a 45);

successione nel contratto di locazione della casa di comune residenza per il convivente di fatto in caso di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto (art. 1 comma 44);

inserimento nelle graduatorie per l’assegnazione di alloggi di edilizia popolare, qualora l’appartenenza a un nucleo familiare costituisca titolo o causa preferenziale; (art. 1 comma 45);

diritti del convivente nell'attività di impresa (art. 1 comma 46);

ampliamento delle facoltà riconosciute al convivente di fatto nell'ambito delle misure di protezione delle persone prive di autonomia (art. 1 commi 47 e 48);

in caso di decesso del convivente di fatto, derivante da fatto illecito di un terzo, nell'individuazione del danno risarcibile alla parte superstite si applicano i medesimi criteri individuati per il risarcimento del danno al coniuge superstite (art. 1 comma 49)

(3)

Tribunale di Bologna, ordinanza 3 febbraio 2020, n. 21280

(4)

Tribunale di Modena, sez. I, ordinanza del 7 febbraio 2020, n. 370

(5)

art. 6, comma 7 del d.lgs. 286/1998, (ed ex circolare ministeriale n. 9/2012 Min. Int.): impone allo straniero che voglia iscriversi all’anagrafe l’obbligo di esibire regolare titolo di soggiorno.

(6)

Cass. Civ., Sez. III, Ord. 13.04.2018, n. 9178.

 

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